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Terracina – Il Tempio di Giove

Il monte Sant’Angelo, noto anche come monte Giove (per i Romani mons Neptunius, 227 m s.l.m.) costituisce l’ultima propaggine dei monti Ausoni, che giunge fino al mar Tirreno, chiudendo a sud la pianura pontina.

Sulle sue pendici meridionali era sorto il centro ausonio di Tarracina, poi volsco con il nome di Anxur e conquistato definitivamente dai Romani alla fine del V secolo a.C.. Nel 329 a.C. la città divenne colonia romana e nel 312 a.C. il monte fu aggirato alle spalle dal tracciato della nuova via Appia, tra Roma e Capua. A quest’epoca risalgono i primi terrazzamenti in opera poligonale, per l’erezione di un primo santuario, probabilmente legato al culto oracolare e forse non comprendente un tempio.

Alla seconda metà del II secolo a.C. si deve un rifacimento con una serie di ambienti addossati alla roccia a monte (cosiddetto “piccolo tempio”).

La facciata della grande costruzione a terrazza
In epoca sillana, agli inizi del I secolo a.C., si data una monumentale ricostruzione, con una cinta muraria e un campo militare per il controllo del passaggio della via Appia e il nuovo grande tempio, edificato su una scenografica terrazza di fondazione in opera incerta, con portico retrostante.

Dopo l’epoca romana il santuario fu distrutto e incendiato e i resti furono noti in epoca medioevale con il nome di “palazzo di Teodorico”. Nell’alto Medioevo nella zona del cosiddetto “piccolo tempio” si insediò un monastero benedettino dedicato a San Michele Arcangelo, dal quale l’intero colle prese il nome attuale. In particolare un corridoio interno di sostruzione fu trasformato in chiesa, con affreschi del IX secolo. Altre strutture medioevali (resti di una torre quadrata e di mura di recinzione e tracce di frequentazione del XIII secolo) testimoniano la continuazione dell’uso militare della sommità del colle.

L’area venne definitivamente abbandonata alla fine del XVI secolo, con lo spopolamento della città di Terracina. Al 1894 risalgono i primi scavi, condotti dallo studioso locale Pio Capponi, seguiti da altri scavi di Luigi Borsari nel 1896.

La tradizionale identificazione della divinità del tempio con Iuppiter Anxur, divinità protettrice della città e probabilmente oggetto di culto urbano, è messa in dubbio sia dal ritrovamento di un’iscrizione recante il nome della dea Venere che dalla presenza di alcuni oggetti votivi (tra cui colombe in pasta vitrea) che recavano incisioni con dedica a Venus Obsequens.

Il santuario minore (probabilmente il più antico) doveva essere invece dedicato al culto della dea Feronia, forse introdotto nella regione già all’epoca dell’occupazione volsca nel V secolo a.C. Tale culto è infatti attestato anche in altri punti della città e, le fonti antiche, ricordano la presenza di un fanum Feroniae (bosco sacro) presso monte Leano. Alla dea Feronia poteva essere stato dedicato il più antico edificio templare, costruito sulla terrazza detta del “piccolo tempio” (del terzo quarto del II secolo a.C.), che dominava direttamente la città e la sua pianura agricola, mentre la terrazza adiacente, trasformata in seguito per l’erezione del tempio successivo, doveva essere in un primo momento riservata all’oracolo.

La cinta muraria costruita a nord del santuario come sbarramento della via Appia, fu forse dovuta al pericolo determinato dal risalire di Silla verso Roma (83 a.C.) durante la sua lotta con Mario. La successiva vittoria di Silla determinò forse il progetto edilizio che doveva rivoluzionare la struttura dell’antico santuario, aggiungendovi il grandioso tempio dedicato a Venere, protettrice della fortuna del dittatore e un nuovo culto destinato a mettere in ombra la più antica divinità, rivolto verso il porto e le attività commerciali e non più verso la città e le attività agricole del territorio.

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